La sezione aretina dell’Unvs fu intitolata all’unanimità alla gloria del calcio aretino Dott. Alberto Pignattelli.
Nato nel 1906, era il capostipite di un’antica famiglia che all’epoca vantava altri giocatori aretini ovvero i suoi due fratelli: il centravanti Aldo (detto Pisetto) e il terzino Bruno (detto Mencolungo).
Era un giocatore considerato negli anni ’20 “moderno”: svariava dal centro all’esterno del campo, era ambidestro e dotato di potentissima elevazione. Avendo prestato servizio militare nei Bersaglieri aveva forse recepito anche da quel corpo, oltre che per innata indole, l’inesauribile energia e lo spirito di trascinatore.
“Come giocatore era un trascinatore, un impulsivo, un entusiasta del gioco d’attacco, oltre ad essere un fine palleggiatore e un piacevole stilista” (Avv. Bruno Pichi, Giornale del Mattino, cronaca di Arezzo, 6 dicembre 1960, pag 5).
Dalla giovane età fino al 1924 fu il capitano della Juventus Fbc Arezzo, che sarebbe diventata nel 1930 l’Us Arezzo. Fu uno dei primi giocatori stipendiati (nel caso dell’Arezzo il rimborso spese ammontava a circa 15 lire dell’epoca).
Fu soprattutto il primo giocatore aretino richiesto fuori città trasferendosi nel 1925 al Rivarolo Ligure e poi nel Livorno nel 1927 dove suscitò gli interessi dell’Inter allora nominata Ambrosiana. Qui giocò con la maglia n° 9 come centravanti a partire dal 1928 e un suo infortunio permise l’ascesa del grande Peppino Meazza. E’ stato quindi il primo aretino a varcare le soglie della divisione nazionale-serie A in un’epoca in cui Arezzo non aveva avuto ancora l’odierno sviluppo industriale e nemmeno l’attuale estensione territoriale e demografica. Per sintetizzare il carattere di Alberto rammentiamo che il sabato prima della partita si allenava percorrendo circa 120 km in bicicletta con la ruota fissa, le gomme piene, lo zaino appesantito in strade che non erano certo quelle di oggi.
Nel ’31 è nell’ Atalanta di Bergamo e a seguire, in varie stagioni, nel Catania, Perugia, Bari e Catanzaro.
A Catania si iscrisse all’Università per laurearsi poi a Bari nel ’36 in Economia e Commercio.
Nel ’38 torna ad Arezzo come allenatore-giocatore per trasferire ai più giovani la sua esperienza e rafforzare lo sviluppo del calcio locale.
Negli anni a seguire affiancherà la passione sportiva alla carriera di imprenditore edile, contribuendo alla costruzione in Arezzo di molte opere ancora esistenti.
Lasciò prematuramente i suoi cari nella commozione di tutti gli sportivi, gli amici aretini e quelli conosciuti durante la carriera sportiva come Meazza, Gipo Viani, Ceverini III (Zizi).
Gli articoli sui giornali dell’epoca, trasmettono pienamente la commozione cittadina e la coscienza collettiva di aver perduto un pezzo importante di storia del calcio aretino.
Bibliografia:
> Archivio storico sportivo Co. Dott. Alfredo Gianfranco Pignattelli & Figli
> Luca Stanganini, Noi abbiamo le gambe alate, Ed.Fruska, Stia (Ar), 2006
> E. Corbani e P.Serina, Cent’anni di Atalanta, vol.2 ed. SESAAB, 2007
> Vari articoli tratti da La Nazione e Il Giornale del Mattino dell’epoca
> U.S. Arezzo